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Fascio Secondo. | 147 |
Monta, e vedrai, come di Coa fintione
L’ampia sua Galleria dipinta fue,
Come à Colòne Idee scorga il Balcone
Vuoi saper quel che sian le mura sue?
(O di fasto mondan meriti bassi!)
Tempio d’Egitto, ove s’adora un Bue:
Fastosi là muove un Tiranno i passi;
E perchè il vanto suo s’erga più forte,
L’aborre in Carte, e lo sublima in Sassi
L’arme sua col suo Nome hà sù le porte;
Quasi corra l’oblio l’Arme sian’armi:
E ’l suo nome scolpito un nome porte.
Momarte.
Oh pazzo da baston, furbo da carmi,
Non famose fumose alzò le mura:
Stupidi son, non fan stupire i marmi.
Muoiono ancor le moli, una fessura
Segna linee à la tema, e cagion tosto
Cadavero à sè stesso, e sepoltura.
Ticleue.
Là del commercio human sempre discosto,
Forse perc’hà salvatica la faccia,
Per peccar più sicur, l’empio è nascosto.
Esce tal’hor, quando i Merlotti traccia:
E al suo odor de l’uccellate colpe
Vuol in lochi di Monti andar à caccia.
Mà, perchè suol da facultose polpe
Levar penne maestre a suoi Vassalli,
Più che di Cacciator, cera hà di Volpe
S’altri hà morti sul Banco i suoi metalli,
Gli crea querele, e pur che paghi il reo
Pene à la Cassa, egli li cassa i falli.