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Fascio Secondo. | 143 |
plari di Giuvenale, non bene sillogizati fin hora da alcuno; e perche questo avanzamento deve per necessità aggiungere difficultà nuove à chi lo intraprende, conchiuderò esser tanto più difficile far una Satira, che ’l non farla: quanto più malagevole sarà sempre reputato il saper ben favellare, che il tacere.
Qui tacque Momarte, il cui maestrevol Discorso fù con particolar attentione sentito da gli Amici, parendo loro di fondata, e non di dozzinale eruditione ripieno. In tanto Ticleue, ch’era un huomo non meno curioso nell’osservar gli altrui vitij, che scaltramente maledico nel delinearli in Satira accettò, invitato da Stamperme la cura di rispondere in contraditorio a Momarte, quivi con più ragionevole curiosità attendevan tutti di sapere, come più difficile esser potesse, il non fare una Satira, che il farla.
ra la Casa di Stamperme sù la via del Corso, per lo quale, essendo in quel dì una festività in Effeso, vedevansi da tutt’i lati trascorrere scioperate, e varie le Turbe. Ticleue a cui parve di poter trarre dalla circostanza del luogo, e delle persone una opportuna materia, per la prova del suo sentimento, alzossi tosto da sedere, prese per la mano Momarte, verso la finestra d’una contigua stanza il condusse. Respondeva la finestra sul Corso, e