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Fascio Secondo. 135

E difficile la satira in questo secolo, in cui la libertà del dire è perduta.

1— — — — Unde illa priorum.
Scribendi quodcumque animo flagrante liberet,
Simplicitas: E la satira, disse lo Scaligero

2Est poema liberum, simileque Satiricae naturae, omnia susque deque habens, modo aliquid dicat.

E più difficile di tutti i generi la satira; perch’hà per fine due cose in un certo modo contrarie, cioè lo sdegnarsi, e ridere; che vuol dire mischiar l’utile delle riprensioni col dolce delle argutie.

3— — Iucunda, & idonea dicere vitae.

E difficile la satira, perche i vitij, come inserti anche nelle depravate nature de’ Poeti, malagevolmente ponno esser dannati da medesmi in altrui, e per lo più le colpe, che nel nemico si rinfacciano, non si possiedono dall’Avversario, che le acusa. E così penuria d’huomini, che pravi non siano, come di Poeti, che si sdegnino delle pravità humane. Se questi Poeti fussero, sarebbero anche le satire. Chi si sdegna d’un male, se ne duole? Chi se ne duole schiamazza.

Quei tali, che più vagliono à tesser su’ vitij i Panegirici, che le satire, son più Cortegiani, che Poeti; benche Poeti ancora


  1. Iuven.
  2. Scalig.
  3. Hor.