Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Fascio Secondo. | 133 |
1— — — — Vertigine tectum,
Ambulat, & geminis exsurgit mensa lucernis.
Questa è discrittione satirica d’un imbriaco, che tradotta in frase di pura gravità non suonerebbe così acconcia.
Chi dicesse hoggi in un’Oda, discese in Cielo, sentirebbe da’ Censori metter sossopra il Cielo, e la Terra: e pur in Satira, nella quale i sentimenti sono più ristretti, fu acconciatamente detto da Giuvenale.
2 — — Discendere iussit — — — — — in Cælum.
Favellando di Claudio, volle dire il Poeta, che trasferito in Cielo, fusse di nuovo da gli Dei superiori fatto discendere à gl’Inferi. Anche Seneca scherzando satiricamente di esso, disse:3 Postquam Claudius in Cælum descendit.
Disse altrove Giuvenale.
4surda nihil gemeret grave buccina.
Non si passerebbe forse da un Pindarico il titolo di sordo ad un’Istromento, e pur il satirico chiama sordo chi non sente, e chi non fa sentirsi, altrove ancora disse.
5— — — — surdo verbere cædit.
Più dura parrebbe la traslatione di Persio, il quale traporta il vocabolo sordo dall’udito all’odorato.
6— — spirent cinamma surdum;
Et Horatio l’adatta al sentimento del gusto.