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Fascio Secondo. | 127 |
tiano favellando de’ suoi compositori disse, 1Summa illis inaequalitas, nunc stricti, & castigati, nunc vagi, & effusi.
Due sono gl’Idiomi della Satira, riprendere, e scherzare.
— — — 2Pallentes radere mores
Doctus, & ingenuo culpam defigere ludo,
disse Persio. Richiede però per trattamento di questi due mistieri una pronta esperienza di due stili, grave, e faceto; e chi questi non sà ugualmente, e con felicità maneggiare: non si poggia à far Satire, perche meriterà la sferza di chi sà farle.
Le Satire dell’Aretino, dell’Ariosto, e d’altri Antichi, benche d’huomini per altro ingegnosi, e di grido in quel secolo, non devono a’ moderni servir di nome, per delinearle bene: son lodevoli: come nate a fecondar quei tempi, non come educate à disciplinar i nostri. Chi le difende hoggi, hà l’ingegno così rancido, come quel secolo era. I loro stili son più garruli, che sensati; perche poche vaghezze vi si osservano, c’habbiano forza d’incarnare in noi la cantonata d’un ciglio. Anche il moderno Secolo va producendo tal’hora di queste Anticaglie, mà il commendarle rimettesi a’ partiali del Bernia; il quale in quei tempi insegnò à poetare più ne’ Mercati, che nelle Accademie.