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88 F. Sabatini

«L’ebrietà la dicono imbriacatura, inciurlatura, cotta, checca, sborgnia, cutta, tirapiommo, torcia, cacòna, pelliccia, etc.

«Il vino, oltre di così dirlo, lo chiamano iàimo, sugo, sciurio.

«La paura ed il timore e lo spavento chiamano in genere pavùra, tremòre, spago, cacatrèppola, pàcchete.

«L’innamorata la chiamano la regazza e l’innamorato lo chiamano el regazzo, el patito.

«La zitella giovine chiamano racchia, cioccietta, pavoncella e smilza, e i giovinetti: racchi, regazzi e brugnoli.

«La donna libera la chiamano l’amica, la donna, la strùscia.

«La pioggia la dicono lenza e lùscia.

«La moneta o denaro dicono ancora belardo, belardino, guazza, metallo, sfarzùglia; e nel plurale (di più) piselli, cucci, puglieschi e mengoti, sbruffo, pozzolana.

«Il petto di donna chiamano ancora cantaràno e senato.

«La moglie la dicono ancora la padrona, el matrimonio, la conzorte, la compagnia.

«La donna bella (in genere) la chiamano cioccia, ciocciona, bon tocco, bon somaro; (e la vecchia) ciòspa, grima, etc.

«Le carte da giuocare, oltre di così dirle, le chiamano sfoglie.

«Dal sopradetto si può comprendere quanto questo idioma sia ricco di termini, oltre quelli