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o vi prorompe l’imprecazione, frequente sulle labbra del nostro popolo:

’Ffàcciet’a la finestra, si’ ’mmazzata,
Manico de padell’aruzzonita:
’Sta sera te la fo’ sta serenata!

o infine vi si rivela quella oscenità, che generalmente è il fondo dell’amor popolano, il quale vuole l’arrosto e non si contenta del fumo:

                                        Fiore de menta,
Nun se po’ ffa l’amore si ’n se pianta,
E in campo nun se mette la sementa.

Questo è quanto si può dire intorno alla lirica dei ritornelli e dei sonetti1 romaneschi; altrove faremo parola delle canzoni narrative, che presentano un fondo storico, leggendario o romanzesco.



  1. Così chiamano i romaneschi quel componimento, che rassomiglia al rispetto toscano, alla romanella di Ferrara ed allo strambot piemontese. Per sonetto intendevasi anticamente qualunque sorta di poesia lirica, perchè le parole si accompagnavano col suono. Cfr. Sabatini, Saggio di canti pop. rom., p. 4. Debbo qui notare, che il mio amico Mario Menghini va ora pubblicando nell’Archivio per lo studio delle tradizioni popolari una raccoltina di Canti pop. rom., della quale non ho potuto qui giovarmi, perchè tuttora in corso di stampa.