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La lirica nei canti popolari romani 41

se pur non è storpiamento dell’elegante stornello toscano:

Alzando gli occhi al cielo vidi voi:
Subitamente me ne innamorai:
In mezzo a tante stelle il sol vedei.1

4. Quanto me piace l'aria de lo mare,
Lo core nu' mme dice de partine,
Chè cc'è la fija de lo marinaro
Ch'è ttanto bbella, che mme fa mmorine.
Un giorno me ce voj' arisicane,
Ne la cammera sua vojo trasire
La vojo tanto stringer' e abbracciare,
Fino che ddice: Amor, lasciami stare.
La vojo tanto stringere a la vita
Fino che ddice: Amor, falla finita!

L’origine di questo canto è sicula, come se ne ha traccia dall’esastico, che comincia:

Guarda, ch'è bbella l'unna di lu mari;2

ma la lezione romanesca è una fotografia di quella napolitana, che è un’ottava senza la ripresa, che si osserva nel nostro canto,3 e della quale la lezione marchigiana ci dà il primo tetrastico in un canto, unito ad altri versi, ed il secondo in un altro colla ripresa.4


  1. Tigri, p. 328, c. 70.
  2. Pitrè, Bibliot. delle tradiz. pop. siciliane, I, p. 433, c. 654.
  3. Casetti-Imbriani, II, p. 398, c. xxiv.
  4. Gianandrea, p. 57, c. 61; p. 59, c. 66.