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Gaetanaccio | 19 |
della scena, e gonfiandosi come un tacchino soggiungeva: «Che bella cosa! Ieri stavo a piazza Navona a vvenne’ le callalèsse, e oggi?... so’ ggiudice!»
Spesso e volentieri Gaetanaccio dava il cardo ai nobili spiantati, che, malgrado i lor debiti, vanno attorno con un sussiego da disgradarne l’imperatore del Celeste impero, e guardando noi, poveri plebeucci, con un occhio di compassione, come se vivessimo per grazia delle signorie loro illustrissime.
Rugantino, servitore presso uno di questi tali, chiedeva a Sua Eccellenza i suoi salari arretrati.
— E che, gli rispondeva il padrone, dubiti forse di me? Il tuo salario corre.
— È vvero, replicava Rugantino, er salario curre, ma curre tanto, che nu’ lo posso arrivà.
Se Gaetanaccio pigliava l’abbrivo nel criticare i costumi dei nobili, gliene venivano sulla bocca di così nuove e pungenti, che gliele avrebbe invidiate lo stesso Belli.
Rugantino, servitore in una casa signorile, andava disperato in cerca di una balia per la sua padrona.
— Perché, gli domandava Pulcinella, li signori fanno allevare i figli dalle balie?
— Che nu’ lo sai? gli rispondeva Rugantino, perché imparino da piccinini a succhià er sangue de la povera ggente.
Rugantino, uscendo di casa, incontra Pulcinella.