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18 F. Chiappini

Rosetta altercava con Rugantino, e gli diceva tutta arrabbiata: «Coraccio de leone! coraccio de leone!» Dàgli oggi, dàgli domani, i birri capirono l’allusione, e portarono il burattinaio in domo Petri, dove son le finestre senza vetri.

Rimesso in libertà, egli si guardò bene dal ripetere quelle parole; ma, morto il papa, tornò da capo.

Coraccio de leone, diceva Rosetta a Rugantino, coraccio de leone, mo’ cche lo posso di'.

Inviperito contro un giudice, che lo aveva fatto stare al fresco parecchi giorni, per alcuni motti pronunciati contro il Governo, appena uscito dal carcere andò a dileggiarlo avanti la sua casa.

Rugantino faceva da giudice.

Entrava Rosetta per presentare una querela.

C’è il giudice?

Ècchime qua. Nu’mme vedete?

Ah! Ah! Voi siete il giudice? E chi vi ci ha fatto?

Chi mme cià ffatto e cchi nu’ mme cià ffatto, a vvoi nun v’ha da interessa’. So’ er giudice.

Guarda lì, chi hanno fatto giudice! Un somaro calzato e vestito.

Dico, sora sposa, stam’attenta come parlamo, sinnò fo un fischio e vve fo mette in catorbia.

Avete ragione, scusate....

E vve fo ttaja’ la linguaccia.... sangue d’un dua!

Così dicendo, Rugantino veniva sul davanti