Pagina:Francesco Sabatini - Il volgo di Roma - 1890.pdf/21


Gaetanaccio 15

Io ho udito raccontare alcune delle sue scene e delle sue facezie da quei vecchi popolani che ho nominato pocanzi; e sebbene essi dicano che non sono delle migliori, pure mi piace di riferirle per dare un’idea del carattere di cotesto romanesco, che fu il sollazzo dei nostri nonni.

Gaetanaccio andò una mattina a comprarsi due baiocchi di salame in una pizzicheria posta sulla piazza di San Carlo al Corso.

Quel pizzicagnolo, abituato alla frode, lo servì così male, che non gli diede nemmeno la metà di quel che doveva.

Gaetanaccio stizzito gli promise di fargliela scontare.

Dopo alcune ore egli tornò sulla medesima piazza e piantò il suo casotto avanti alla pizzicheria. Suona la pivetta, s’affolla la gente, si alza il sipario.

Esce fuori Rugantino piangendo dirottamente perchè, essendogli nati tre figli, una zingara gli ha predetto che il primo di essi deve ammazzare, il secondo dev’essere ammazzato e il terzo deve fare il ladro.

Poveri fiji mii, grida Rugantino, tutt’e ttre hanno d’anna’ a ffini’ mmale!...

Mentre Rugantino sta singhiozzando, gli comparisce un Genio, un burattino con due ali di gallina, il quale gli dice:

Rugantino, non piangere, se tu darai ascolto alle mie parole, i tuoi figli finiranno bene.