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14 F. Chiappini

mani sembravano uomini vivi. Bastava vedere una loro mossa per isbellicarsi dalle risa.

Quando Gaetanaccio attraversava le vie della città col suo casotto sulle spalle era un correre, un affollarsi di gente da tutte le parti. Al suono della sua pivetta si fermavano non solo gli artigiani, i rivenduglioli, i carrettieri, ma anche le persone della più civil condizione. L’accigliato causidico, il severo esculapio, il superbo professore di lettere non avevano difficoltà di mescolarsi fra i suoi uditori. Perfino i signori, i signori di baldacchino, fermavano spesso le loro carrozze pel gusto di assistere alle sue rappresentazioni.

I suoi motti passavano di bocca in bocca, e molti di essi si ripetevano anche nelle conversazioni di persone per bene: dico molti e non tutti, perchè il suo linguaggio, bisogna pur dirlo, era alle volte improntato da una certa libertà aristofanesca, che non poteva apprezzarsi da persone costumate, che avessero un culto pel galateo.

Non senza perchè il basso popolo lo chiamava col nome di Gaetanaccio.

Comunque sia, una gran parte delle sue arguzie avrebbe meritato di esser raccolta, e se alcuno ci fosse stato che avesse fatto questo lavoro, noi avremmo adesso un grazioso volume che, pel suo genere, potrebbe stare a paro con le Scaramucciane di Tiberio Fiorilli, e coi Brighelleschi di Atanasio Zannoni.