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GAETANACCIO.


In una botteguccia di caffè, dove io càpito qualche volta, vengono la sera alcuni vecchi popolani, romani di Roma, i quali, sorbito il lor gotto, si trattengono quivi a far conversazione finchè vien l’ora d’andarsene a letto. A sentire le loro chiacchiere c’è da fare le matte risate. Se fra loro cade il discorso su qualche benefattore dell’umanità, che presta il denaro all’un per cento.... la settimana, essi borbottano fra i denti: «Ce vorebbe Ghetanaccio pe’ ddaje ’ na lezzione, comme se la merita!» Se parlano di un impiegato, magari d’un usciere, che avanza di grado per intercessione di san Martino, essi da capo: «Ce vorebbe Ghetanaccio pe’ mmette in piazza quela robba che pporta in fronte!» Così se discorrono di padroni di case, che ad ogni scadenza rincarano il fitto agli inquilini; di venditori di commestibili, che fanno ballar la stadera quando incontrano il compratore inesperto; d’osti ribaldi che