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134 P. Barghiglioni

mento, non fu trasportato a profanare il Portico di Ottavia.

Il lavoro e l’industria però, anzichè tornare a lode di questa regione, le meritò talvolta l’appellativo di vile e di plebea da certi poeti della latinità, venduti ai laticlavi, e dal vero e proprio popolo romano che abborriva dal commercio e dalle opere che chiamava servili.

Intanto la previdenza dei capi militari v’istituì un ospizio pei veterani mutilati o altrimenti inabilitati alla milizia o al lavoro, per aver pugnato a favore della patria.

Fu detto Taberna meritoria quest’ospizio aperto ai vecchi valorosi, e occupò appunto l’area dove sorge la chiesa di S. Maria in Trastevere.

Segno è questo che, se tanta plebe riunita faceva di quel quartiere un nucleo forse poco civile e sanguinario, pure gli abitanti di Trastevere non avevano demeritata la loro vecchia rinomanza di benemeriti cittadini romani.

La Taberna meritoria sembra che degenerasse in una vera osteria e in un convegno di crapuloni.

Di questo fatto ci dà notizia l’avv. Giuseppe Bandini nella sua Santa Cecilia, togliendo memorie da Lampridio, da Eusebio, da Pietro Moretti, che descrive le chiese di San Callisto e di Santa Maria in Trastevere.

Egli cosi racconta: «Nella regione al di là del Tevere, a piè del Gianicolo, era posta la fa-