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124 P. Barghiglioni

se fosse loro straniero, considerando novità ciò che pareva già vieto.

Così sulle anticaglie logore e sparse fantasticando, rannodandole, riedificando, si sale, spinti dalla curiosità e dall’amor patrio, fin dove la fede incontra la scienza, e con la scienza il vero o il verosimile.

Un monumento vivo e imponentissimo, co’ suoi perpetui serpeggiamenti, corre sempre dinanzi a noi, nelle vallate dei sette colli.1

Alla originale prepotenza della sua corrente, al colore specioso delle acque che trascina dall’Appennino al Mediterraneo, si fermò l’occhio del fondatore di Roma.

In ogni seno del suo ricco letto riposa una memoria, e Guerrazzi2 penetrò con l’ardente fantasia nelle sabbie d’oro, bevve alle acque regali come a sacro fonte, e più che scrivere ne cantò epicamente.

E questo è il Tevere che passa. Chi pone mente all’eloquente mormorio de’ suoi flutti?

Questo classico fiume divide Roma come in due città: Roma e Romilla. Lo sanno, non si comprende come, i popolani trasteverini, che, dovendo passare i ponti, diconsi: Addio, vado dentro Roma.


  1. Scilicet et rerum facta est pulcherrima Roma
    Septemque una sibi muro circumdedit arces.

  2. Beatrice Cenci.