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112 F. Chiappini

La crudele umiliazione, che l’amante offeso impone al suo rivale in questa scena brevissima, rappresenta vivo e maniato il carattere fiero del romanesco .

Di queste scene caratteristiche, ciascuna delle quali vale un disegno del Pinelli, son tutti intessuti i lavori del nostro autore. Marco Monnier, quel francese nostro benevolo, che scrisse il libro: L’Italia è dessa la terra dei morti?, avendo visto rappresentare il Prologo della Didona dalla compagnia romanesca di Filippo Tacconi, nell’anno 1858, lo giudicò «la più dilettevole delle scene popolari». Curioso di sapere chi ne fosse l’autore, il cortese straniero si recò sul palcoscenico e lo domandò allo stesso Tacconi, il quale gli rispose umilmente che l’autore era lui. Il Monnier, congratulandosi col Tacconi, gli strinse la mano, e, tornato in patria, scrisse il suo elogio e lo pubblicò nel suddetto libro.1 E così vengono in fama i ciarlatani che si fanno belli della roba degli altri.

Randanini tralasciò di scrivere per il teatro perchè, morto il caratterista Negroni, ch’era il Taddei del suo genere, e, allontanatosi dalle scene il capocomico Giambattista Trabalza, non vi furono più attori capaci di recitare le sue commedie. Ma non per questo depose la sua penna

  1. Marco Monnier, L’Italia è dessa la terra dei morti? trad. ital.; Venezia, 1863, art. xv: «Il teatro popolare» .