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62 CAPITOLO III

rezza che sia proprio il modello del monumento al Colleoni sol perchè offre contatti evidenti con alcuni schizzi del maestro? Chi può sul serio credere che l’aristocratico e superbo maresciallo, così attaccato al suo bastone di comando e al suo blasone e alla sua forbita armatura e alle sue severe abitudini, volesse e potesse essere rappresentato in quell uomo rattrappito e nudo — sia pure all’eroica — sul cavallo impennato, mentre il basamento egli voleva composto all’antica con colonne, allegorie, figure, trofei che richiamano altri monumenti classici con la figura dell’eroe dominante, classicamente composto e paludato? O non vien più spontaneo immaginare che il bronzetto rappresenti il nobile divertimento di uno scultore leonardesco, per trasfondere sul metallo la magnifica foga dei disegni dal maestro, schizzati, secondo il suo solito, in cento rapidissimi pensieri, in attesa del momento (che arrivava di rado all’artista irrefrenabile) di comporli in un progetto severo, tranquillo, definitivo?

Ma v’è un’altra ragione che ci fa dubitare che il Meller non abbia colto nel segno e che quel magnifico bronzo che egli con tanta e opportuna abbondanza di illustrazioni ci presenta riprodotto da tutti i Iati non sia stato eseguito pel monumento al Trivulzio, anche indipendentemente dal nostro dubbio che al monumento al Trivulzio l’artista non abbia lavorato a lungo.

In parecchi edifici di Lombardia del Rinascimento quel gruppo — un cavaliere nudo su un cavallo impennato e imbizzito — ritorna così insistentemente nell’ultimo ventennio del XV secolo da lasciar forte dubitare che il motivo fosse venuto di moda. Limitandoci a ricordare alcuni esempi pei quali giova il sussidio dei documenti, notiamo ch’esso figura in un frammento ritenuto appartenente all’edicola Tarchetta