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l'arte di Leonardo nella scultura del tempo 103

seguace di Leonardo era allora trentenne, così che la sua attività si svolse quasi esclusivamente più tardi. Forse è più esatto constatare il buon influsso diretto dell'arte leonardesca in quell'opera giovanile del Solari, la cui attività corre parallela a quella del Boltraffio.

Ma i ricordi della grande arte ritornano in altre opere del Gobbo, anche quando maggior scioltezza di modellato e di esecuzione raccomanderanno lo scultore fra i principali della sua regione.

Così gli avvenne nell’eseguire nel l502 le statue di Adamo e d'Eva nel Duomo di Milano, in origine dinnanzi alla fronte dove il Vasari li vide. Adamo, dall'aspetto dolce, quasi apollineo, appoggia il peso del corpo sulla gamba destra e il braccio sinistro leziosamente sul lungo manico della zappa; intorno ai lombi gira un tralcio: ai suoi piedi è Abele, un putto paffuto e sorridente come un piccolo Bacco. Il viso, piuttosto nell'esteriorità delle linee generali, ricorda un tipo caro all'arte leonardesca meglio che quello dell'Eva, piacevole figura eseguita tuttavia con maggior larghezza di piani, benché anch’essa non molto corretta nel ventre piatto, nelle gambe pesanti, come di legno, nei piedi troppo grandi. Forse la figura fu ultimata da Gerolamo da Novara, che i fabbricieri del Duomo avevan dato a collaboratore al nostro perchè il Solari era allora occupato anche altrove, fra l'altro per il Trivulzio.

Più spiccato è l'ossequio all’arte di Leonardo in altra opera — firmata — del Gobbo: la grande statua di Cristo alla colonna, nella sagrestia meridionale del Duomo stesso. Il Redentore, legato, con le mani dietro il dorso, alla colonna, un po’ curvo, la gamba destra avanzata sembra voler sfuggire alle percosse degli sgherri. Il suo viso è dolce, incorniciato da troppo lunghe chiome un po’ leziosamente ondulate