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94 CAPITOLO III

indolenza de’ principi e la natura sua stessa non avessero congiurato ai danni suoi e dell’arte! Perchè gli abbozzi di cavalli e cavalieri nel fondo del Adorazione dei Magi — pei quali buona parte dei ricordati disegni certamente servirono come è facile a chiunque, col confronto, constatare — sono ancor troppo poca cosa per noi che da quelle nobili premesse avremmo voluto vedere non meno nobili conclusioni.

Per quanto abituatici un po’ al verismo sano e fresco e spontaneo di quei numerosi disegni, ci accorgiamo che in essi, sotto l’aspetto artistico, è qualcosa di più dei molti disegni di anatomia umana: alludiamo alle figure ignude e parti di esse sempre un po’ ricercate, «in posa».

In altro gruppo di disegni — quelli evidentemente composti per monumenti equestri — sono indubbi l’imitazione dall’antico, le concessioni — volute forse da committenti o comunque certo dall’«ambiente» milanese — allo umanesimo imperante, che porterà alle stelle gli eroi della antichità, gli imperatori romani e le loro gesta, sempre ligio alla rappresentazione consuetudinaria sculturale del monumento equestre, da quello di Marco Aurelio notissimo a quello locale del Regisole. In quei disegni di Windsor il cavallo, quando al passo, solenne, statuario, due zampe alzate e bellamente arcuate, quando impennato (e il senso del moto è reso allora con felicità rara) è ideato evidentemente per esser riprodotto in grande, su una piazza, dove piacerà ai principi e al popolo. Si studia del cavallo solo, del cavaliere, del gruppo completo — quando vi figura anche il caduto — ogni punto di vista più pittorico, ogni aspetto più originale. Ma «la maniera» appare e spesso trionfa, anche se sotto quelle forme che oggi diremmo accademiche ben traspaia il severo studio del vero che le ha precedute. Il cavallo un po’ bal-