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90 CAPITOLO III

e secondo i gusti del suo tempo, autorizzano il sospetto che l’artista che se ne valse per riprodurre disegni d’insieme e di anatomia del cavallo avesse sott’occhio più antichi esemplari animati da uno spirito che pare leonardesco. Nelle copie dei manoscritti vinciani di G. B. Venturi presso la biblioteca comunale di Reggio Emilia il trattalo leonardesco della pittura (ms. 162) ha disegni — a incominciar dal cavallo a fol. 82 t.° — disegnati non certo dal Venturi (rozzo e modestissimo disegnatore), ma, pel solo trattato stesso, da qualche artista del luogo del suo tempo, — che presentano i motivi degli originali di Leonardo, ma rivestiti di forme settecentesche, barocche. Il cavallo vi assume forme pesanti, grosse e una lunga coda. Lo stesso può ben essere accaduto per l’opera del Ruini. In essa il carattere artistico vi ha il predominio sulla oggettività scientifica: alcune di quelle incisioni in rame mostrano un movimento, uno spirito moderno, un’interpretazione delle caratteristiche istintive dell’animale che ricordano i disegni vinciani da noi richiamati e qui riprodotti che invano si cercherebbero nei disegni di trattati di mascalcia del tempo, nelle tavole deli’ opera di Bonifacio di Calabria illustrata, in un manoscritto della Comunale di Bologna, del 1498, in quello di Nicolò di Venezia del 1569, o di G. B. Murri da Sala, o un altro del 1564 di Lelio Ciquino, gentiluomo della corte di Paolo V e in tanti altri, nei quali tutti il cavallo è disegnato come l’intendevano i più tardi classici, ammanierato e pesante.

Sotto un riguardo non più iconografico ma puramente artistico i disegni del maestro riproducenti il cavallo possono