Framm. XXX, XXXV, LI, LXXXVII, non dissimili, che l’altro commentano. Io mi vo figurando che, se noi moderni possedessimo tutte le liriche di Saffo, molto ne potremmo apprendere sul magistero di contemperare, e quasi contessere, l’arte antica e il moderno sentire; per la cui disunione oggidì moltiplica tanto brulicame di pedanti e frenetici. — La luna, pomposa del candore, il pomiero agitato dal vento, la stella della sera, le dipinture campestri, gli orti delle Ninfe (Demetrio Falereo, Dell’Elocuz., 132); i nappi e i sacrifizii; gl’inni e la bestemmia; le preghiere d’amore infocato e le invettive di gelosia furente; l’affetto grecamente dilicato e l’ironia finamente socratica (Massimo Tirio, Dissert. XXIV); l’amore accolto e il rifiutato; il convegno fallito e la solitudine; le amiche e le nimiche; le discepole sconoscenti e la bamboletta consolatrice; l’invidia battagliera dei presenti e (contrapposto remoto, ma certo e fortemente presentito) la deificazione de’ posteri; e Venere ed Amore che scendono dal cielo; e i doni destinati a placare Afrodite; — tali e altre somiglianti le figure che, variamente raggruppate, ora coll’amplesso beato delle Grazie, ora col cipiglio tetro dell’Eumenidi,