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secondo Ermesianatte citato da Ateneo (XIII), Alceo soleva cantar sulla cetra questo amore. E d’Alceo ci pervenne un saluto a Saffo (nell’Arte di Attilio Fortunaziano): «Saffo, dalle chiome di viola, casta, dal dolce sorriso.» Comunque sia, di questi amori possiamo favellare e credere; e non rimandarli tra le favole, come quelli della Nostra con Anacreonte, immaginati da Ermesianatte e Camaleonte (Ateneo, XIII), per istorpiar la cronologia; cui più dottamente dislogò le ossa il Cramer, inventando il sincronismo d’Anacreonte e Saffo. Se non ripugna alla cronologia, come il Visconti (Ivi, I, 1, 6) osservò, che i due si conoscessero, ben ripugna che s’amassero, quella attempata, l’altro giovanissimo e voluttuosissimo. Ove mai quel da Teo avesse dimandato amore alla vergine dalla soave loquela (parole d’un frammento anacreontico per Saffo, nell’Arte di Attilio Fortunaziano), pronta risposta avrebbe ricevuto; Saffo medesima ce ne accerta:

Se amico inver mi sei,
Cerca più fresca amica:
Non io vorrei, men giovine, costante
Dimestichezza con più verde amante.
(Framm. XVIII)