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Ange talun, fresco degli anni, e pieno
Di sangue, la regal vena o la media
Giova che incida a trarne il fluido impuro.
Ma in qual l’assalga poi tempo la peste,
170Non ti gravi cavar l’umor corrotto,
E il contagio depor dal facil ventre.
Sol prepara l’uscita; i densi umori
Risolvi; attenua i crassi, e taglia i lenti.
Dunque il coricio ed il panfilio timo
175Ch’esce a timbra simil, d’essa più duro,
A cuocer corri, e la volubil fronde
Del lupolo, e finocchio, e l’apio, e i germi
Del capno amaro; aggiungi pur, imago
Di polpi irsuti, il polipodio, schivo
180D’acque l’adianto, e l’infecondo aspleno,
E la pinta fillite; il che beuto
Più di prima, e l’umor crudo concotto
Con acre scilla, e colicintid’aspra
Ti cura e con elleboro, e coll’erba
185Che surta in riva al mar, cangia tre volte
Al dì il color de’ fiori, e al nome il dice.
Giovan le sue radici, unite al zenzero,
Al cocomero anguineo, e al Nabateo
Incenso, e a mirra, a bdelio, a panacea,
190E liquore ammoniaco, e bulbo colchico.
Ciò fatto, se per sorte ài freddo e molle
Sortito il core, nè tentar le acerbe
Ti piacerà sì tosto, e spegner presto
La peste, ma sol vie placide a tempo;
195Ai lasciati fomenti il far ritorno
Sol ti resta, ed opporti al germe reo,
In ammirandi modi a serper uso.
Giovino adunque gli essicanti, e quelli,
Ch’ostano resinosi a sanie putre.
200Tal della mirra è il pianto, e tal l’incenso,