Il Lazio, e crudo Europa tutta invase. Tu dunque meco a veder vien girarsi
In sé l’etra costante, e le superne
Sedi, e le stelle ardenti, e nota quale 200Fosse lo stato lor, quai segni desse,
Che cosa abbia predetto il Cielo a noi.
Forse che in ciò tutta vedrai del nuovo
Morbo la causa, e di cotanto evento. Guarda dal vasto Olimpo ov’egli il Cancro 205Veglia all’ardenti porte, a branche aperte.
Quindi gli orridi aspetti, e quindi i varii
Mostri vedrai dei morbi, e quivi solo
Tutti gli ardenti rai degli astri uniti
Congiurate vibrar fiamme per l’etra. 210Fiamme cui da lontan, della Sirena
Dall’alto avel, vide l’antiquo Vate,
Cui la divina Urania apprese tutte
Le sedi eteree, ed il futuro, e disse:
Salvate, o Numi, le infelici terre; 215Veggo inusata errar tabe che il cielo
Infetta; a guerre inique Europa in preda,
E correr sangue i campi ausonii. — Ei disse,
E i suoi presagi consegnò allo scritto. Usan gli Dei, come percorso à il Sole 220Certo giro d’età, che Giove assegni
I fati, apra il futuro, e quanto deggia
Terra e cielo aspettar. Tal tempo urgendo
A’ nostri dì, Giove, de’ Numi il padre
E delle cose, a sè chiamò compagni 225Saturno e Marte nell’oprar. — Dischiude
Delle porte le soglie bipatenti
Il Cancro ai Numi, che dei fati àn cura.
Presto Marte guerrier fra tutti in armi
E per foco lucente, il petto colmo 230Di vendette e di guerra, al sangue anela.