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I maggior rami della pianta sacra
Portan seco mondati, ond’ànno un succo
D’alta virtù, che fuga il morbo infando. —
Traeano in tai parlari, ed altri il tempo
380Quelle genti diverse insiem commiste.
Le navi intanto che, mandate ai cari
Liti d’Europa, riedon d’oltremare,
Recan portenti: ovunque (o fato arcano!)
Egual peste occupar d’Europa il cielo,
385E le città senza rimedio afflitte.
Più forte anzi un rumor va per le navi,
Del mal medesmo esser la flotta, e molta
Gioventude da tabe i membri infetta.
Non obliar dai tristi augei predetto
390Che cerco fora a quella selva aiuto.
Tosto a le Ninfe e al Sol porgendo voti,
Tran dall’intatta selva, e dal più fitto
Cercano, i tronchi, e tazze medicate
Beon, qual v’è l’uso, e con tal succo al fine
395La rea peste cacciar: ch’anzi dei Numi
Tanto dono alla patria, e il sacro arbusto
Voglion si rechi, a veder mai se fughi
Egual peste ivi pur, nè il fato niega
Zeffiri amici, e destro Apollo spira.
400Voi prima aveste, o Iberi, il divo dono,
Stupiti al pronto aiuto; ai Galli or conta,
Ai Sciti ed al German, corre applaudito
Il Latin ciel l’Iàco, e tutta Europa.
Salve o da Numi seminata, illustre
405Pianta, bella di chiome e virtù nuove,
Speme dell’uom, del nuovo mondo onore!
Più beata, se pur sott’esto cielo
Gli Dei nata fra genti ad essi amiche,
E t’avesser voluto eterna selva.
445Ma tu, se qualche fama al nostro carme