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La metà presa del divino umore
Ne ripongono il resto; anzi i frammenti
Ricuoprono qual prima, e mel soave
V’aggiungono, che sol questa alle mense
65Bevanda assenton sacerdoti e leggi.
Due bicchier poscia del decotto prima
Beono a più dì, quando Lucifer esce,
E quando tardo in ciel Vespero spunta.
Nè cessan pria, che il suo corso mensile,
70E non compia la Luna intero il giro,
Ch’emulo aggiunga le fraterne bighe.
Celansi intanto entro ai recessi oscuri,
Ve’ non forza di vento, o d’aer fiato
Penetri, e offenda con gelato spiro.
75Che rammentar sopra ogni cosa quanto
Sottil vitto e digiuno ognun s’imponga?
Che loro è assai n’abbia alimento il corpo
A viver solo, nè a mancar di lena.
Pur tanto ah non temer! che il sacro umore
80Le forze, qual ambrosia, anima ed erge;
E le membra digiune occulto pasce.
Appresso il ber, per due sol ore, sotto
Stanno alle coltri, onde il rimedio addentro
Scorra, e sudor dal caldo corpo sprema:
85Nel vano äer così sfuma la peste:
E neppur macchia, o meraviglia! resta.
Ulceri più non v’ànno, il duol partio,
Dalle membra tornate a giovanezza,
E in questo il giro suo Cinzia rinnova.
90Qual Dio quest’usi a quelle genti noti,
E qual caso o destin li trasse a noi,
Ond’anco avemmo il prezioso legno,
Ora dirò. — Di Nereo i seni ascosi
Mossi a cercar dove si corca il Sole,
95Calpe lasciata, e i patrii lidi, il vasto