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Tu i suoi pensier.
Ippodamia. (Troppo li veggo!)
Erope. (1)
Omai
Che più si sta? Già mie sciagure udisti;
Fuggi, e ne godi.
Tieste. Cessa al fin tue amare
Rampogne, cessa; partirò: ma dimmi:
I giuramenti... m’ami?... ti rimembra?
Erope. Ciò per te non rileva: or vatti; ad altro,
Che a tal, pensar tu dei: per te non sommi
Io più, nè tu per me.
Tieste. Come! non sei
Omai quella di pria?
Erope. Debile e vile
Rimorsi non sentia, quali nel petto
Sento; era allora da profana ingombra
Fiamma; da orrore or son. Tïeste, è questa
La differenza. Addio.2.
Tieste. Fermati... il figlio...
Erope. Il figlio? Atreo sel tien: lo disserrai,
Pria che annottasse; e immergere volea...
(L’intendi, e fremi e abborri ed abbandona
Questa barbara madre) insanguinarmi...
Volea le man nel suo seno innocente.3.
Ah! fuggi, fuggi, o mi trafiggi. – Scegli.4.
Frappoco, sì, morrommi, e d’ogni intorno
Starotti ombra d’orrore: in mezzo a’ cupi
Più deserti recessi io seguirotti.
Là tronca i giorni tuoi, là seppellisci
Una trista memoria, e là confina
Il vituperio delle genti. – Ancora
Per poco... il figliuol mio; sol quello... e poi...5.
O mio tenero figlio! O sangue mio!
Te svenato volea... non io, non