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inno terzo. 267

Ode gli augurj, e largamente in volta
255Pirme corona agli esuli le tazze.1
E faconda è la Gioja, e co’ Lepori
Libera scherza, e amabile è il Decoro.
Qui l’Ironia che i motti ama conditi
Di riso, e il ver dissimulando accenna:
260E qui la liberal candida Lode
Va con lor favellando. A parte siede
Bello il Silenzio, delle Grazie alunno,
Col dito al labbro, e l’altra mano accenna
Che non volino i detti oltre le soglie.
     265Mesci cerulee, Dea, mesci le fila;
E pinta il lembo estremo abbia, al barlume
Di queta lampa, una solinga madre
Sedente a studio della culla. E teme
Non i vagiti del suo primo infante
270Sien presagi di morte; e in quell’errore
Non manda a tutto il cielo altro che pianto.
Lei mirano invisibili le Grazie.
Beata! ancor non sa quanto agl’infanti
Provido è il sonno eterno; e que’ vagiti
275Presagi son di dolorosa vita.»2
     Come d’Erato al canto ebbe perfetti
Flora i trapunti, ghirlandò l’Aurora
Gli aerei fluttuanti orli del peplo
De’ fior che ne’ celesti orti raccolse:
280Ignoti fiori a noi; sol la fragranza,
Se presso è un Dio, talor ne scende in terra.
Venne, fra tutte giovinette eterne
Bellissima, la bionda Ebe, ravvolta

    palesano sopra a tutto nei convitl. Quindi il Poeta ne fa soggetto della quarta storia del Velo, come a rassumere tutto ciò che spetta alle più squisite norme della convivenza sociale.

  1. 255. Con questo verso visibilmente Ugo allude ad una ben nota urbanissima costumanza della ospitalità inglese; ed io in questa pubblicazione degl’interi Inni volentieri lo noto, non senza un vivo senso di nazionale gratitudine verso tutti quei figli dell’Isola potente, i quali con affettuose cortesie addolcirono talvolta l’acerbità dell’esilio a quell’anima grande ed agitata.
  2. 265-75. Al culto delle virtù domestiche, senza le quali le pubbliche non sono nè possono essere, consacra l’ultima storia. Nella madre vigilante e trepida sulla culla del figlio, ognuno facilmente riconosce la madre del Poeta, Diamante Spaty-Foscolo, per la quale egli ebbe un affeto ed una reverenza da sembrare straordinarj anco a chi più sente i doveri di figlio.