Lume dell’astro suo. L’udì Armonia,
E giubilando l’etere commosse.
Come nel chiostro vergine romita, 80Se gli azzurri del cielo, e la splendente
Luna, e ’l silenzio delle stelle adora,
Sente il Nume, ed al cembalo s’asside
Ed affatica l’ebano sonante:
Ma se le tocca insidïoso il core 85Colla occulta memoria delle gioje
Perdute Amore, movono più lente
Sovra i tasti le dita, e d’improvviso
Quella soave melodia che sgorga
Secreta ne’ vocali alvei del legno, 90Flebile e lenta all’aure s’aggira;
Tal l’armonia che discorrea da’ cieli
Le Grazie intente udirono, e nel core
L’albergaro; e correan su per la terra
A dettarla a’ mortali. E da quel giorno 95Fu più soave la fatica e il pianto,
Più liberale il beneficio, e grata
Del beneficio la memoria.1 Afflitte
Fuggon le caste Dee, fuggon l’ingrato,
E l’amicizia de’ potenti e il fasto. 100A te, Canova, a te chiedono amico
Ospizio, che alle belle Arti neglette,
O magnanimo, dài premj ed esempi.2
E a te, felice Orfeo, primo le Grazie
Compartiano quel suono, onde a più mite 105Vivere addur l’umana plebe errante
Infra ciechi delirj. In mille piagge
Poser le Dive il piè: pure alla sacra
Terra d’Italia il nume lor più arrise.
Vide lor possa invido Amor, de’ Numi 110Il più giovine insieme ed il più antico;
↑96-7. Fa scritto dagli antichi, che le Grazie erano state rappresentate di giovenile aspetto, per insegnarci che la memoria dei benefizi non deve invecchiare giammai.
↑102. Il Canova non solo fu sommo artista, ma altresì generoso protettore d’artisti. (Vedi Missirini, Vita del Canova.)