740Se non con tutte le compagne, al lago.
Intanto Dioneo dalla frondosa
Soglia dell’antro sterpò un ramo, e acerbo
Di silvestri colombe una vegghiante
Frotta assaliva, flagellando: quelle 745Gli si affollano intorno, e gli fann’ombra
Più sempre agli occhi; finchè, vinte, all’aure
Fuggon con penne trepidanti. A un tratto
L’antro profondo empie la Luna, e svela,
Sovra un mucchio di rose addormentata, 750Ad un Fauno confusa una Napea.1
Gioì procace Dioneo, sperando
Di sedur coll’esempio della Ninfa
La ritrosa fanciulla; e pregò tutti
Allor d’aita, e i Satiri canuti, 755E quante invide Ninfe eran da’ balli
E dagli amori escluse: e quei maligni
Di scherzi e d’antri e d’imenei furtivi
Ridissero novelle; ed ei ridendo
Vago le scrisse, e le rendea più care: 760Ma ne increbbe alle Grazie. Or vive il libro
Dettato dagli Dei: ma svenţurata
Quella fanciulla che mai tocchi il libro!
Tosto smarrite del pudor natio
Avrà le rose: nè il rossore ad arte 765Può innamorar chi sol le Grazie ha in cuore.
↑741-50. Mi narrava la Donna gentile che, nel tempo della ultima dimora d’Ugo in Toscana, un giorno andarono insieme visitando per diporto alcune delle ville circonvicine a Firenze, e che in una di esse (non rammentava quale) trovarono un bel quadro, credo dell’Albano, rappresentante presso a poco la scena che qui si descrive. Il Poeta l’osservò lungamente, e pel resto della passeggiata fu pensoso, nè volle manifestarle il perchè. Due giorni dopo le disse: quella pittura che vedemmo insieme ieri l’altro, e che mi colpì tanto, spero che mi avrà dato una buona ispirazione per le mie Grazie.