705Tra’ querciòli, i frutteti e le vendemmie
Ch’or tu miri dal balzo. Ivi Fiammetta,
Che nulla ancora avea de’ Genj inteso,
Spesso, all’orezzo delle sere estive,
Fra’ giovani sedea per novellare 710Con Elisa, a diporto, e le gentili
Compagne, che venian pur novellando
«Di donne e cavalier, d’affanni e d’agi
Che ne invogliano amore e cortesia.»1
Ben Valle delle Donne oggi è nomata 715Da chi la sa: molte Amadriadi alberga
Fors’anco; ma obbedisce oggi all’aratro.
Le rinnega i bei rivi, e per le balze
Tornò ramingo il Fiumicel da quando
Fur delle Ninfe gl’imenei palesi. 720Però che a Dioneo,2 re del drappello,
Offerse l’aura il vel, donde, invaghito,
Vedea pur dianzi biondeggiar le ciocche
De’ capelli d’Elisa. Ei contro all’aura
Corre, e le vesti a un cespo trova: immersa 725Godeva ella dell’acque, nel secreto
Suo cor cantando Amore al rugiadoso
Estivo raggio della Luna. E forse
L’ardito amante avria mirato Elisa
Dentro le cristalline onde più bella; 730Se non che quivi un pèsco protendea,
Curve da’ pomi, bagnando, le frondi
Sul flutto: ed ella vi s’occulta, e scorge
Spiar le rive il giovine d’intorno;
E più volte alle vesti e presso al pèsco 735Recar l’orme frettose: ad alte grida
Parea volesse, e non ardia, chiamarla.
Quando lo trasse un susurrar che uscia
Indi non lunge da una grotta. Elisa
Gli si tolse tremando, e più non venne,
↑720. Dioneo, uno dei novellatori del Boccaccio, e fra loro il più vispo, per non dire il più licenzioso. Vaolsi che l’autore del Decamerone in Dioneo abbia voluto ritrarre sè stesso.