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inno secondo. 245

A eternarsi co’ Numi. A inerte e mesta
Vecchiezza, e detestata anco alle Grazie,
415Devote sono, o a prematura morte
Le umane vite: unico vive eterno
L’ingegno, e spande in terra aure celesti.
E l’ingegno, d’origine celeste,
Non fortuna o favor levan da terra,
420Ma il proprio igneo vigore. E l’aureo Sole,
Quando sormonta il clivo arduo dell’erta
Eoa, la lena a’ suoi destrieri incuora,
Non della speme del trifoglio eterno,
E non del grido, e de’ spumanti morsi
425Al comandar, nè della sferza al fischio:
De’ dardi al tintinnir dentro il turcasso
Fatale i vanni affrettano gli alipedi
Al ciel, meta del Dio. Quindi dechina;
Poi riede, e l’opre sue lieto contempla.1
III.
430Ora Polinnia,2 alata Dea, che molte
Lire a un tempo percote, e più dell’altre
Muse possiede orti celesti, esulti:
Ch’io pur de’ fiori suoi colti in Italia,
Nel giardino d’Europa, ornerò l’inno.
435Ornerò lieto il canto, ora che terza
Sacerdotessa vien bella una donna,

  1. 418-429. Comprende tutta intiera la teoria del Genio, che non si leva da terra per favore di potenti o per capriccio di fortuna, ma per proprio vigore innato. Nè occorre a sostenerlo nell’arduo suo corso la ignobile lusinga dei beni terreni, o il desiderio di compiacere altrui, o la tema di qualsivoglia cruccio o possanza. Libero e signore di sè, egli movesi per una forza immortale, si sente allettato alle grandi imprese da faviti che il volgo non intende; egli, dopo lunghe e generose fatiche, coglie l’unico premio a cui aspiri, cioè il vagheggiare coll’occhio della mente il bene venuto, o che verrà un giorno dalle opere sue al genere umano.
  2. 430. Polinnia, come accenna il suo nome composto di due vocaboli greci, che significano moltiplice canto, è la Musa inventrice dell’armonia, e più specialmente la ispiratrice degli estri lirici. Negli antichi monumenti si rappresenta coronata di fiori, avente nella destra la lira, e con tutta la persona avvolta di candidissimo peplo, che pare le tien celata la sinistra. Molte parole hanno speso gli Archeologi onde spiegare questa ultima e singolare particolarità; ma niuno ha pensato che essa, come caratteristica a lei, la quale nella sua prima qualità governa e rappresenta tutte le Muse, potrebbe significare un alto insegnamento, il disdegno di qualsivoglia mercede. — Comunque sia, a ragione ella vicne invocata sul principio di qnosta terza parte dell’Inno II, che è più variata delle altre, sì d’imagini e sì d’armonia; e ognuno vede perchè il Poeta le attribuisca le ali.