Allor fu bella la fatica; e l’Arte
Diede eleganza alla materia; e il bronzo, 380Quasi foglia pieghevole d’acanto,
Ghirlandò le colonne; e ornato e legge
Ebber travi e macigni, obbedienti
Al voler delle Dee. - Ma più felice
Tu che primiero la tua donna in marmo 385Effigiasti! Amor da prima in cuore
T’infiammo del disio che disvelata
Volea bellezza, e profanata agli occhi
De’ mortali: ma a te venner le Grazie;
E tal diffusero, al tuo fianco assise, 390Avvenenza in quel volto, e leggiadria
Su quelle forme; e al lor divin concento
Si gentili spirarono gli affetti
Della giovine nuda, che l’amica
Tu ritraesti e Venere in quel marmo. — 395E quando sparve la celeste fiamma
Che la Diva recato avea sul Tebro,
Canta la Fama che le Grazie un giorno
Vider l’Onore andar fuggiasco, in veste ’
Di dolente eremita, e sovra l’urne 400Muto prostrarsi degli antiqui Eroi;
E seco starsi, in abito d’errante
Pellegrino, la sacra e da’ mortali
Mal conosciuta Libertà.1 Pietose
Le tre sorelle addussero per mano 405Il Pellegrino e il tacito Eremita
Ne’ queti orti de’ Vati, e nell’umile
Tetto, ove, ignoti a’ re, lieti i Scultori
Veston d’eterna giovinezza il marmo;
Dove i Pittori col divin sorriso 410De’ color vari irraggiano le menti
Ottenebrate. - A noi dolce è il dolore
E la fatica, onde affrettar gl’ingegni
↑395-403. Tocca di quei tempi infelici dell’età di mezzo, in cui quel- poco di civiltà che rimaneva al mondo erasi rifugiato nei monasteri, ed in cui gli animi che conservavano qualche scintilla dell’antica libertà romana vagavano fuggiaschi sulla terra.