Leggiadramente d’un ornato ostello,
Che a lei, d’Arno futura abitatrice,
I pennelli posando, edificava 65Il bel fabro d’Urbino, esce la prima
Vaga mortale, e siede all’ara;1 e il bisso
Liberale acconsente ogni contorno
Di sue forme eleganti; e fra il candore,
Delle dita s’avvivano le rose, 70Mentre accanto al suo petto agita l’arpa.
Scoppian dall’inquïete aeree fila,2
Quasi raggi di sol rotti dal nembo,
Gioja insieme e pietà; poi che sonanti
Rimembran come il ciel l’uomo concesse 75Al diletto e agli affanni,3 onde gli sia
Librato e vario di sua vita il volo;
E come alla virtù guidi il dolore,4
E il sorriso e il sospiro errin sul labbro
Delle Grazie; e a chi son fauste e presenti, 80Dolce in core ei s’allegri, e dolce gema.
Pari un concento, se pur vera è fama,
Un di Aspasia5 tessea lungo l’Ilisso,
Di queste Dive allor sacerdotessa;
E intento al suono Socrate libava, 85Sorridente, a quell’ara; e col pensiero
Quasi a’ sereni dell’Olimpo alzossi.
↑62-66. Nobile donna fiorentina, abitatrice di una casa architettata da Raffaello.
↑71. Qui l’Autore tratta della musica media, come in seguito di quella alta.
↑74-75. L’armonia dell’universo, di che il Poeta parla esplicitamente poi, e di cui gli uomini tutti hanno un sentimento secreto, benchè non possa esprimersi, è diffusa anco nella vita dell’uomo. (F.)
↑77. Verissimo e nobilissimo concetto, inerendo al quale l’Autore avea composto un Inno alla Dea Sventura, in cui avea consacrato, sono sue parole, l’utilità dell’avversa Fortuna e la celeste virtu della compassione, unica virtù disinteressata nei petti mortali. Non sappiamo però se gli fosse dato di colorire intieramente il suo disegno: è certo che tra i fogli conservatici dal venerando Canonico Riego non ne apparisce indizio. Perchè i cieli ci hanno invidiato i sublimi conforti di questo novello suo canto! L’illustre Pellico a noi ne scriveva in questi termini: Ugo ne aveva lunghi frammenti. Non ho serbato memoria de’ versi, ma del patetico nobilissimo che vi regnava.
↑82-88. Aspasia nacque in Mileto città della lonia, e recossi ad Atene (il Poeta dice lungo Ilisso, fiume dell’Attica sacro alle Muse), ove lenne scuola di eloquenza. Amabilissima di persona e d’ingegno, fu sposa a Pericle e marstra al divino Socrate, che si gloriava di essere debitore a lei d’ tutta la sua potenza a persuadere. Nè Socrate fu promulgatore soltanto di altissimi veri filosofici, ma ancora ardente cultore del Bello. Prima di darsi alla filosofia, era stato scultore famoso, e la storia celebra particolarmente le sue tre statue delle Grazie come modelli degni di Fidia. Quindi l’opportuno concetto del Poeta di rappresentarlo baud.tore di umanità e di virtù dappresso all’ara delle Doe, anco da vecchio.