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232 | le grazie |
Di Momo, e voi che a prezzo Ascra attingete.
Qui ne oscena malía, nè plauso infido
Può, nè dardo attoscato: oltre quest’ara,
Cari al vulgo e a’ tiranni, ite, profani.
35Sacra tutela son le Grazie al core
Delle ingenue fanciulle. Uscite or voi
Da’ boschetti di mirto ove solinghe
Amor v’insidia, o donzellette, uscite:
Gioja promette e manda pianto Amore.
40Qui sull’ara le perle e le colombe
Deponete, e tre calici spumanti
Di latte inghirlandato; e, fin che il rito
V’appelli al canto, tacite sedete:
Sacro coro è il silenzio; e vi fa belle
45Più del sorriso. E tu che ardisci in terra
Vestir d’eterna giovinezza il marmo,
Or l’armonia della bellezza e il vivo
Spirar de’ vezzi nelle tre Ministre,
Che all’arpa, ai balli ed all’offerta io chiamo,
50Vedrai qui meco; e tu potrai lasciarle.
Immortali fra noi, pria che all’Eliso
Sull’ali occulte fuggano degli anni.
L’una disveli a noi come a beata
Molle armonia temprate, o Dee, gli affetti
55De’ mortali e i pensier: l’altra, danzando,
Scorrer quell’armonia faccia da tutto
Il suo bel corpo; e un guardo, un atto, un vezzo
Mandino agli occhi venustà improvvisa:
Rechi la terza il mèle, onde, per voi,
60A modestia, la Musa, a dolci studi
E a belle imprese persuade il mondo.1
- ↑ 53-61. In quest’Inno particolarmente ho tentato di verseggiare ciò che ho osservato io medesimo nelle amabili donne, che, senza saperlo, mi mandarono, prima al cuore, e poscia all’ingegno alcune imagini delle Grazie; ed io per gratitudine ho voluto, se non altro, tentare che i giovinetti italiani imparino, leggendo il mio Inno, a sentire e a discernere le Grazie, e ad adorarle con versi più accetti, perchè dettati da un Poeta che, dopo avere sacrificato alle Sacerdotesse ed alle emulatrici di quelle dilicate Divinità, si è ritirato pria d’invecchiare, per non offenderle con versi impudichi. (F.)
di servitu furono sempre gli scrittori impudichi, i maledici e gli adulatori; cari però al volgo, materia di ogni tirannide, o togata, o in armi, o coronata, o in berretto.