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230 | le grazie |
Fra l’Arti io coronato e fra le Muse,
Alla Patria dirò come indulgenti
370Tornaste ospiti a lei, sì che più grata,
In più splendida reggia e con solenni
Pompe v’onori. Udrà come redenta
Fu per opra di voi, quando sull’Arno
Pose Vesta il suo fuoco, e poi Minerva
375Gli concesse per voi l’attico ulivo.
ite, o Dee; spirate, o Dee; spandete1
La deità materna! e nuovamente
Deriveranno l’armonia gl’ingegni
Dall’Olimpo in Italia: e da voi solo,
380Nè dar premio potete altro più bello,
Sol da voi chiederem, Grazie, un sorriso.
- ↑ 373-375. Accenna alcune materie dell’Inno seguente.
INNO SECONDO.
VESTA.1
I.
Tre vaghissime Donne, a cui le trecce
Infiora di felici itale rose
Giovinezza, e per cui splende più bello
Sul lor sembiante il giorno, all’ara vostra
5Sacerdotesse, o care Grazie, io guido.2
Qui, e voi che Marte non rapì alle madri,
Correte, e voi che muti impallidite3
- ↑ * Vesta è deità virginale, e custode del fuoco eterno che anima i cuori gentili. (F.).
- ↑ 4-5. Dalla Grecia antica, primo paese ingentilito dalle Grazie, il Poeta si trasporta all’italia de’ suoi giorni, e istituisce sull’ara di Bellosguardo, accennata nell’Inno primo, une solennità festeggiata da tre Donne italiane, nelle quali rappresenta l’azione e gli effetti dell’armonia, della beltà corporale, e dell’amabilità dell’ingegno. (F.)
- ↑ 7-9. Nota l’intristirsi degl’ingegni, quasi tutti assorti oggimai dalle scienze geometri-