Or la chieggio alla terra, almen l’antiqua 250Religïone del bel loco io senta.
D’Iride al cenno d’una rosea nebbia
Tutte velate, procedendo all’alto
Dorio[1] che di lontan gli Arcadi vede,
Le Dive mie vennero a Trio. L’Alfeo 255Arretrò l’onda, e diè a’ lor passi il guado
Che anch’oggi il pellegrin varca ed adora.[2]
Fe manifesta quel portento a’ Greci
La deïtà; sentirono da lunge
Odorosa spirar l’aura celeste. 260De’ Beóti al confin siede Aspledóne,
Città che l’aureo Sol veste di luce
Quando riede all’occaso;[3] e non lontano
Sta sulla immensa minïea pianura
La beata Orcoméno: ivi più caro 265Ebber l’altare, quando allora il primo,
Da fanciulle alternato e da garzoni,
Cantico sacro udirono le Grazie.[4]
E pria l’intese dalle Dee la bionda
Ifïanéa, che stava alle pendici 270Adorando. Ne poi quella fanciulla
Destò corde di lira, o all’aure sciolse
L’amabil canto a raccontar suoi guai
↑253. Dorium quidam montem, quidam campum esse scribunt; cujus hoc tempore pars nulla monstratur. Così di Dorio Strabone nel lib. 8. — Anche Omero nel catalogo lascia incerti se debba reputarsi una città o un monte sui confini della Messenia. Il nostro Poeta sembra avere adottato questa ultima opinione. — Nota, o giovine lettore, come le Grazie si velino ora che, dopo aver compartito agli uomini i materiali benefizj, si apprestano a conceder loro anco quelli morali. Principalissimo fra questi ed il più utile alla vita è il conforto nelle sventure, desunto dalla cultura delle Arti gentili; e la Deità lo porge con arcana beneficenza agli spiriti puri e generosi, come vuole che sia accolto da essi e nudrito con sacro pudore. Vedi più sotto i pietosi versi intorno ad ifianea.
↑254-256. — Trio, città dell’Elide guado dell’Alfeo, come la chiama Omero nel catalogo. L’Alfeo poi nasce nell’Arcadia presso i confini della Laconia, e, dopo avere attraversato l’Elide, si getta nell’Acaia, e quindi in mare. (Strabone.)
↑260-262. Aspledone fu nomata anco Eudieto, cioè ben situata all’occidente, perchè sulla sera era mirabilmente illuminata dal Sole. (Strabone.) Anch’essa spedì guerrieri a Troia. (lliad., lib. 2.)
↑263-267. Plutarco asserisce che le pianure d’Orcoméno erano le più spaziose di tutta la Beozia. — Più d’una città in Grecia ebbe tal nome; ma Pindaro nelle Olimpiche, e Omero nel catalogo danno a quella di Beozia l’aggiunto di miniea, da Minia che regnò in quella contrada, e fu padre d’Orcoméno che fondò la città. — Pausania nel sesto libro dice che uno de’ più ragguardevoli edifizi che vedevansi in essa era il tempio delle Grazie, alle quali gli Orcomenii si vantavano di averlo edificato i primi, ancorchè i Lacedemoni contrastassero loro tale onore. Quindi le Grazie avevano il soprannome di Orcomenie.