L’arco e ’l terror deponeano, ammirando. 140L’una tosto alla madre col gemmato
Pettine asterge mollemente e intreccia
Le chiome di marina onda stillanti;
L’altra sorella a’ Zeffiri consegna,
A rifiorirle i prati a primavera, 145L’ambrosio umore ond’è irrorato il seno
Della figlia di Giove; vereconda
La terza ancella ricompone il peplo
Sulle membra divine, e le contende
Di que’ Selvaggi attoniti al desio. 150Con mezze in mar le rote erá frattanto
La conchiglia sul lito, ove, tendendo
Alte le braccia, la spingean le belle
Nettunine. Spontanee s’aggiogarono
Alla biga gentil due delle cerve, 155Che ne’ boschi dittei, prive di nozze,
Cinzia a’ freni educava; e poi che dome
Aveale a’ cocchi suoi, pasceano immuni
Da mortale saetta. Ivi per sorte,
Vagolando ribelli, eran venute, 160Le avventurose; e corsero ministre
Al viaggio di Venere.1 Improvvisa
Iri,2 che segue i Zefiri col volo,
S’assise auriga, e drizzò ’l corso all’istmo3
Del laconio paese. Ancor disgiunta 165Dal continente l’isola non era,
Nė tutta sola di quel golfo intorno
Sedea regina: e dove oggi da lunge
L’agricoltor lacone ardere i fochi
Mira, se al pescator buia è la notte, 170Pendea negra una selva. Esiliato
N’era ogni Dio da’ figli della terra
Duellanti a predarsi; i vincitori
↑153-161. Le cerve di Diana al carro di Venere indicano l’arte della caccia che cede a studi più umani. (F.)
↑162. Iride è presagio fausto di pace e di serenità. (F.)
↑163. Nell’istmo che congiungeva Citera alla Laconia, e che fa sommerso nel mare, sl spiega il fenomeno di quella specie d’isole vicine al continente. (F.)