Sentir l’imperio del lor proprio Nume.
Ma da’ Celesti rimanea negletto
Il picciol globo della Terra; e, nati
Alie prede i suoi figli ed alla guerra, 110E dopo breve di sacri alla morte,
Vagavan tutti colle belve all’ombra
Della gran selva della terra: e gli antri
Eran tetto, e i sepolcri erano altari;
E col sangue di vergini innocenti 115Placavan l’aspre Deità d’Averno,
Alie menti atterrite unico Nume. —
Non prieghi d’inni o danze d’imenei,
Ma di veltri perpetuo ululato
Tutta l’isola udia, quindi; e di dardi 120Correa dagli archi un suon lungo sull’aure,
E il provocate fremito di belve
Minaccianti, e degli uomini la pugna
Sulle membra del vinto orso rissosi,
E de’ piagati cacciatori il grido.1 125Cerere invan donato avea l’aratro
A que’ feroci: invan d’oltre l’Eufrate
Chiamó un di Bassarèo giovine Dio
A ingentilir di pampini le balze.
Il pio strumento irrugginia su’ brevi 130Solchi, deserto; divorata, innanzi
Che i grappoli novelli imporporasse
A’ rai d’autunno, era la vite.2 E quando
Ripassò col suo coro il giovin Dio,
Il fremir delie tigri, all’immortale 135Cocchio ministre, que’ feroci a nuova
Rabbia di guerra concitava.3 Solo
Quando apparian le Grazie, i cacciatori,
E le donne, e le vergini, e i fanciulli
↑123-124. Arte della caccia, primo stato della umanità. (F.)
↑125-132. La benevolenza, e l’aiuto reciproco, e l’amore del riposo e della società, affetti ispirali dalla gentilezza del cuore, fanno perfetta l’agricoltura, mantenuta dapprima solo quanto esige la incalzante necessità. (F.)
↑133-135. Bacco, compiuta la conquista pacifica delle Indie, accompagnato da una grande schiera di Satiri e di Baccanti, tornò in Grecia sopra un carro tirato da tigri, emblema del trionfo da lui riportato su que’ popoli ferini