Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
176 | liriche e satiriche. |
Riscintillanti del tuo raggio l’onde;
I deserti di Libia invaderanno
Quanta è la terra, e avran confine i mari.
90Vere cose parlavi, o Prometéo;
Ma il tuo fato immortale a te non dava
Scampar dall’ira de’ Celesti sotto
Le grand’ale di Morte. Il generoso
Cor che nutrire il suo dolor non seppe,1
95Al ministro d’Olimpo or pasce il rostro.
Quando il mio sangue innaffierà con onde
Rare e stagnanti il cor, nè più la Speme
M’adescherà la vita a nove cure,
Squarcerò quel regal paludamento
100Che tanta piaga or copre: e la mia voce
Volerà ovunque l’idïoma suona
Aureo d’Italia, allor ch’io sarò in parte
Ove folgore d’aquile non giunge;
Ch’or mi torrebbe al mio fratello, inerme
105D’anni virili, e a lei che nel suo grembo
Scaldò l’ingegno mio, sicchè la fredda
Povertà non lo avvinse: oggi canuta,
E sull’avello de’ congiunti assisa,
Del latte che mi porse aspetta il frutto.
STRAMBOTTO.2
Te Deum, Gamelie Dee! rechiamo serti:
La nipotina al terren Giove è nata.
L’Istituto alla culla ha i voti offerti;
Nel Senato un’arringa è recitata;
5Fa Monti un’ode e un sonettin Lamberti;
Dai soldati una messa oggi è cantata;
Per voi fa Bossi un quadro e Rossi un dramma,
E il pover Ugo, o Dee, quest’epigramma.
- ↑ Chi soffre in silenzio il suo dolore lo alimenta: chi ne favella lo consuma. Ma è di pochi nutrire il dolore.
- ↑ «Scritto quando nacque la primogenita del Vicerè in Italia, nel 1806, e poeti e giornalisti e pittori ciarlarono tanto sulle Gamelie Dee.» (Foscolo) Fu già da noi pubblicato la prima volta nelle note alle Grazie.