Le giubbe del Lione in Orïente;
E le piante, e le fere, e l’operosa
Umana prole un bello inno mandava
A quella diva luce. Or come venne 55A sommo il cielo, fulminava raggi
Tanto superbi, che animanti ed aure
E la terra in altissimo spavento
Stettero. Solo si rivolse in lui
L’immortal Prometéo, se vera è fama,1 60Per pietà de’ viventi, e si gli disse:
Sempre l’alterna vita alle mortali
Cose dispensi, o Sole, e regni immoto;
Ma non sempre all’umano occhio ti mostra
Quel radïante d’astri e di pianeti 65Padiglion dell’Olimpo. I nembi e gli euri,
L’etere rapidissimo inondando,
I nembi assisi sulle alpi, e il fumante
Vecchio Oceáno, a cui son dighe i cieli,
Spesso i sentieri al nostr’aere t’usurpano. 70Muojono i dardi tuoi sul gelo antico
D’Atlante, e dove inviolate guarda
Negli antri le sue prime ombre la Notte.
Cosi ordinò quell’armonia che i mondi
Libra ne’ campi aërei, e l’universa 75Mole e l’eternità volve de’ tempi.
Chè ti rota sul capo altro pianeta,
Che è Sole a te, che al raggio tuo permette
La metà della terra, e t’addormenta
L’altra nel peplo della Notte ombrosa. 80Or troppo splendi: e sempre, e dappertutto
Arderà il mondo? Europa e le sorelle
A te non manderan voti e l’incenso
Mattutino dei monti; a te le selve,
Agitate dall’aure occidentali, 85Non pasceran nè molli ombre, nè canto
D’augei; non suoneran giù per le valli
↑Prometeo è tipo presso i mitologi degli zelatori dell’umano miglioramento. Tutti sanno il premio ch’ei n’ebbe; ma non perciò l’altare di questo nume fu e sarà mai, speriamo, senza sacerdoti e senza ghirlande.