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174 | liriche e satiriche. |
Tu a Pericle spremevi ampio oliveto:
Tu stempravi al Felice e a’ suoi trecento
Nuovi coscritti col tuo sangue i rosei
Unguenti di Cirene;1 e tu potevi,
30Giumento ai vivi, andar Sibilla a Dite?
Vulgo fu sempre il vulgo: era l’aratro
E il pane e il boja, e sono, e saran sempre
Vostri elementi: uom cieco accatta e passa. —
— Ugo, dove saetti oggi la punta
35Di tue sentenze? — A questo: eran profeti
Molti, Giove imperante; oggi a taluno
Non sempre è dato dir: Batti ed ascolta;2
Chè ove è mannaja, non bisognan verghe.
Io mi vivrò uditor pitagoréo:3
40Poi, cigno o corvo, io mi morrò cantando.
- Ambagi! — Oh te beato! e non ti cuoci
Se non le intendi. Or mi t’accosta, e premi
Così l’orecchio al labbro mio, che Brera,4
Mercato d’arti belle e di scienze,
45Nė prete, nė scudier valga ad udirmi.
Bello egli è dir: Salva è la patriaĵ; salva
Ell’è da noi, che la canzon maligna5
Udimmo dal poeta, e la svelammo
A chi sorveglia i pubblici scrittori!
50— Ahi, Sfinge! — Eccoti Edìpo. Il Sol dorava6
- ↑ La città di Cirene sulla costa d’Affrica era celebratissima per la sua essenza di rose.
- ↑ Sono le parole con le quali Temistocle fece vergognare Euribiade di averlo percosso, perchè gli diceva una verità. Ma il Poeta vuol significare che, ai tempi a cui si riferisce questo suo componimento, se taluno avesse avuto anche la nobile costanza di Temistocle, non avrebbe potuto far udire la verità; e tanto più perchè alla verga era stata sostituita la mannaja. — La completiva civiltà posteriore ha adottato più sapientemente verga e mannaja.
- ↑ Gl’iniziati alla scuola di Pitagora dovevano serbare il silenzio per lungo tempo.
- ↑ Punge la congrega dell’Istituto di Brera in Milano, alla quale presiedeva il conte Giovanni Paradisi.
- ↑ Il signor Achille Mauri crede che per la canzon maligna debba intendersi l’Ode alla Verità, una delle giovanili del Foscolo; ma a noi ciò non sembra probabile, poichè essa fu pubblicata fino dal 1796 nel tomo 4 dell’Anno poetico. Crediamo invece che debba intendersi in senso generico di qualunque poeta e di qualunque poesia non adulante il potere assoluto. Del resto, qui il Poeta sembra presentire ciò che poi gli avvenne circa all’Ajace.
- ↑ È noto che la Sfinge proponeva oscuri quesiti ai Tebani, e che Edipo, per averli interpretati, acquistò il regno di Tebe.
Felice (Silla) o de’ suoi satelliti da lui assunti al senato, pareano godere di esser materia adatta a servire ai piaceri di costui: perciò l’an popolo e l’altro, divenuto branco di giamenti sotto quegli oppressori, non poteva aver più in sè la forza e la virtù di annunziare il vero nò in vita, nè in morte.