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liriche e satiriche. | 171 |
ALLA SERA,
SONETTO.
Forse perchè della fatal quïete
Tu sei l’immago, a me si cara vieni,
O Sera? E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zefiri sereni,
5E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all’universo meni,
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier sull’orme
10Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure, onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
ALLA MUSA,
SONETTO.
Pur tu copia versavi alma di canto
Sulle mie labbra un tempo, aonia Diva,
Quando de’ miei fiorenti anni fuggiva
La stagion prima, e dietro erale intanto
5Questa, che meco per la via del pianto
Scende di Lete vêr la muta riva.
Non udito or t’invoco: oimè! soltanto
Una favilla del tuo spirto è viva.
E tu fuggisti in compagnia dell’Ore,
10O Dea! tu pur mi lasci alle pensose
Membranze, e del futuro al timor cieco
Però mi accorgo, e mel ridice Amore,
Che mal ponno sfogar rade, operose
Rime il dolor che deve albergar meco.