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Quom penitus moestas exedit cura medullas,
     Ut tibi nunc toto pectore sollicitae 24

varianti.

Verso 23. Aldina ii excedit. In vece del quam dell’edizione princ. altri cum altri quum. Soli Bentlejo e Valck. manomettono quam penitus....! — Verso 24. Ediz. variorum ut tibi nec toto. Corradino ut tibi non toto. Per il nunc della principe quasi tutti gli altri tunc; ma questi avverbj si scambiano da’ latini. Vedi Burmano nella eroide di Ero in Ovidio vers. 90.

note. Versi 22 — 23.

in Livio xv, 18, e Brouckhusio in Tib. e Proper. passim. Doering. E questa lezione corregga il passo recato dal Mureto ch’io trascriverò, o lettore, per alleviarti il tedio grammaticale, destando in te pietà e riverenza per le sventure di Cicerone. Deflevi conjugis miserae dissidium (leggi discidium), liberorum carissimrum solitudinem, fratris absentis amantissimi atque optimi casum.

Cura. Prepotente desiderio che vive in noi pieno di speranze e di timori; d’onde nasce l’ipocondria malattia di cui parla Ovid. Epist. dal Ponto iii lib. i vers. 23.

     Cura quoque interdum nulla medicabilis arte,
          Aut, ut sit, longa est estenuanda mora.

Ed Ippocrate ne dà una patetica descrizione nel lib. ii de’ morbi. La Cura è difficile malattia: le viscere sembrano trafitte come da spine: è posseduto dall’ansietà: fugge gli uomini; ama le tenebre; è assalito da timori: il diaframma si gonfia esteriormente: si risente al contatto, ed addolora: spaventasi, sogna terrori e sciagure, e talora persone morte. Malattia che prevale nella primavera. Ma la cura amorosa di