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in fervidi anche i più riposati: al che non giunge, se non toccando gli stati della società, ne’ quali gli uomini vivono, e tutte le passioni, come sono modificate da’ costumi.

VII. Ma (purtroppo!) la nostra poesia non può avere né lo scopo, né i mezzi de’ greci e delle nazioni magnanime; perocché, non potendole conferire le moderne religioni, né il sistema algebraico de’ presenti governi, poco può ella conferire alla politica. Massimi fatti e straordinari destano la poesia storica, face illuminatrice dell’antichità. La navigazione degli Argonauti e la confederazione di tutta la Grecia sotto Troia hanno dato luce a’ lor secoli, per avere eccitati i poeti a cantar quella impresa. Che se non a nazioni vere, ma a regali famiglie ed a grandi volghi tende il canto del poeta, allora pare giusto Tesilio che decretava Platone. Il decadimento della poesia storica s’incomincia a travedere sino da’ tempi di Virgilio. Ma se i secoli gotici non ci avessero invidiate le poesie di Alceo, forse l’amor della patria e delle virili virtù suonerebbe più dalla lira di quel capitano odiator de’ tiranni1, di quel che suoni dalle imitazioni

  1. Quintil., lib. x; Orazio, lib. ii, ode x, verso 26 e sg.; lib. iv, ode viii, verso 8, ed altrove.