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incomprensibili, che rifugge dall’amore e da tutte le universali passioni dell’uomo, che tutti i piaceri concede alla morte, ma scevri di sensi, nulla, fuorché meditazioni e pentimenti, alla vita, che poco alla patria ed alla gloria, poco al sapere, è prodiga a sottili speculazioni ed avarissima al cuore, che, per l’ignoranza o il cangiamento di una idea, per la lite di una parola, produce scismi ed attira le folgori celesti, quel poeta procaccerebbe infinito sudore a se stesso e scarsa fama al suo secolo. Che ove cotal religione fosse poetica, chi potea meglio maneggiarla di quell’ingegno sovrano, il quale dopo, avere dipinta tutta la commedia de’ mortali, dove la religione prende qualità dalle azioni ed opinioni volgari, non sì tosto arriva allo spirituale, ch’ei s’inviluppa in tenebre ed in sofismi? i quali se mancassero del nerbo dello stile e della ricchezza della lingua, e se non fossero interrotti dalle storie de’ tempi, sconforterebbero per se stessi gli uomini più studiosi. Nel che fu più avveduto Torquato Tasso, prendendo a cantare le imprese di una religione allora armata, e riferita ad una età eroica, quando le idee delle cose sono per i governi e per le nazioni assai men metafisiche. Pur gli fu forza ricorrere