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Fuggiamo, mio Niccolini, a tutto potere le liti de literis vocumque apicibus. Non che talora non sieno di alcun momento; ma è grave ed inglorioso l’invadere i regni a’ gramatici, gente clamorosa, implacabile, intenta ad angariare i sudditi ed a scomunicare i ribelli, ma meno pericolosa all’inimicizia che all’ossequio. La loro famigliarità fa contrarre le ostinazioni e le risse puerili, ch’eglino assumono trattando nude parole e rudimenti da fanciulli, onde anche i sommi letterati diventano gramatici illiberali. E ne’ lor libri recitano a un tempo da sofisti e da poetastri, assottigliando il fumo e gonfiando le minime cose. E minacciano, e gridano per dar peso alle loro inette tragedie, di che van pieni infiniti volumi, che fanno noiosa la lettura de’ classici. Scabbia, onde fu magra e sparuta anche la lingua italiana, per cui gl’ingegni caddero nella contraria barbarie del Secento, ed ora per nuovo fastidio ricorrono alla letteratura d’oltremonte. Tollat sua munera cerdo.

VIII. Interpretando un antico poeta, fabbro di arte bella, per cui usa di modi figurati e di peregrine parole, che tocca fatti di principi e di nazioni, onde ritorcerli alla istruzione