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molto più tardi dalla venalità de’ librai e dalla mala fede degli eruditi. Di che ti sieno argomento non le lezioni incerte, ma le discrepanti perfin di un intero pentametro1, in modo che non errore di amanuense, né tarlo di membrane o di tempo, bensì le architettarono le liti e la ostinazione degli espositori. Di quattro manoscritti, che mi toccò di esaminare nella Ambrosiana in Milano, uno solo in carta sembra anteriore al 1450; gli altri tutti, sebbene in pergamena e con dorature foggiate all’antica, portano i caratteri de’ codici posteriori alla stampa. Però non da questi soltanto ho raccolto tutte quante le varianti, ma dagli editori e dagli altri eruditi che le propongono qua e là nelle varie opere loro. Che se taluna mi fosse sfuggita, non dissento che tu lo ascriva alla mia inferma pazienza, purché tu ad un tempo consideri la intemperanza di tanti tormentatori di sì pochi versi. Ma se debbasi scrivere cum o quum, lacrimae, lacrymae o lachrimae, coelum o caelum, e siffatte quisquiglie gramaticali, ho creduto riverenza a chi legge, a me stesso ed al tempo il non disputare.

  1. Vedi note al verso ultimo del poemetto.