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ristampa di queste preziose lettere, molte altre aggiungendo d’inedite, le quali si serbano in una biblioteca, fra’ libri già posseduti da Giovanni Reuchlin e da Erasmo di Rotterdam. Per ora

     Praetereo, ne sic, ut qui jocularia, ridens
     Percurram.

COMMIATO.

Or ch’io ti lascio, amico lettore, vo’ che tu sappia il perché e il come di questo libro. Tu crederai, spero, senza ch’io giuri, che questa volta non ho inteso di fare un libro né bello né buono. E se tu avessi preso per giusta moneta tutto quello che ho scritto, tu hai fatto male: rare cose ho qui dette davvero, molte da scherzo, e parecchie né da vero né da scherzo, le quali poteano essere e dette e non dette. Or, che hai gli occhiali, a te lascio il discernere. Ma, per parlare più umano, dico che tutti i discreti ed indiscreti lettori hanno a sapere ch’io l’ho giurata alle anime de’ pedanti. Il cane è nemico del gatto, il gatto del topo, il ragno dei moscherini, il lupo delle pecore, ed io de’ pedanti. L’amico mio Iacopo Ortis, ὀ μακαρίτης avea col medesimo intento comentato in due volumi il libro di Ruth; ma sebben fosse iracondo, non gli bastava il cuore di essere maligno. Il comento non si stampò. Dalle sue Ultime lettere pubblicate nell’ottobre dell’anno scorso, ognun sa la storia della sua morte: i pedanti gridarono la crociata contro le ultime lettere, perché non citavano autori greci e latini, e non erano scritte co’ vezzi del contino Algarotti, cortigiano e quodlibetario di buona memoria, né con le accademiche lascivie di quella divota animetta del cavalierino Vanetti. Allora maladissi a’ pedanti, esospirai