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Né io dirò, con l’amico mio Vincenzo Monti, che monsignore è uno spiritato, né con altri che monsignore è senza costumi, massime quando in quel suo libro sul Petrarca vuole persuadere a’ canonici che l’amante di Laura era un donnaiuolo scapestrato, e la bella francese una sguajatella. Guardimi il cielo d’intolleranza! Dirò bensì che in tutte le cose, e fino ne’ codici e negli autori, ogni uomo travede le proprie passioni ed i propri costumi: qual maraviglia dunque se monsignore fa alleluiare la rivestita voce, poich’egli da più di ottantanni alleluja? e da più di ottantanni . . .? Così l’alleluja si sentì cantare in Alessandria nel tempio di Giove Serapide (Cassiodoro, Epitome Histor. Eccles. Tripartit. lib. ix, cap. 17). Così Uezio (quaest. alnetan, lib. ii, cap. 3) vede in un passo di Seneca


Così, quando il reverendissimo Giovanni Kalb andò di Germania a Roma per far abbruciare certi letterati eretici, trafitto dal desiderio della patria, citò Ovidio (Epist . obsc. virorum, tom. i, p. 304), Dulcis amor patriae, dulce videre suas.

Gridava un gesuita suos; un teresiano sues: e la lezione non fu pertanto corretta. Or, poiché ho parlato del reverendissimo Kalb, non dispiacerà al lettore una epistola di un suo discepolo scritta al maestro Ortuino Grazio, dottore in teologia: se per altro il lettore nel corso di questa operetta s’è dilettato con me di etimologie e di allegorie. Nota latina eleganza?!